giovedì 16 marzo 2017

John Wick - Capitolo2

La verità è che un po’ ci speravamo che John Wick potesse avere un sequel.
Perché, quasi senza volerlo, il film di Chad Stahelski indicava una delle poche vie percorribili per l’action moderno: un percorso contraddistinto dal quasi totale annullamento della profondità di sguardo a favore delle geometrie perfette insite in un flusso pressoché continuo di scontri corpo a corpo così elegantemente coreografati.
Avendo poi a che fare più con dei pattern reiterati ad libitum, tipici dell’esperienza videoludica, che non con le più classiche regole della drammaturgia, John Wick – Capitolo 2 non ha neanche bisogno di grossi recap per riannodare il filo di un discorso che è sintetizzabile in poco più di una frase.
Parte dunque spedito come un treno, con Keanu Reeves impegnato a far fuori tutti i malavitosi russi che non era riuscito a trucidare nel primo film, tutto con il solo scopo di recuperare l’amata Mustang del ’69 rubatagli in precedenza dal figlio del Boss.
E, proprio come accade nei videogame, anche qui, man mano che si avanza di livello, gli elementi di base vengono amplificati a dismisura.
Che, nello specifico, vuol dire inseguimenti più rocamboleschi, più sangue (parliamo di qualcosa come duecento e passa morti), un eroe ancora più indistruttibile e un incremento del coefficiente di ironia.
Cresce, di conseguenza, anche il minutaggio, forse l’unica variabile che sarebbe stato invece il caso di mantenere invariata, dato uno storytelling che ha nella secchezza narrativa la propria principale cifra stilistica.
Ma è un peccatuccio veniale di fronte a un prodotto prodigo di intrattenimento che davvero mantiene tutto ciò che promette.
Così che sia facile soprassedere anche sullo sconsiderato casting di Riccardo Scamarcio e Claudia Gerini nel ruolo di due camorristi che, se consideriamo come parte del film sia girato a Roma e richiedesse quindi almeno un paio di star locali, non è neanche il peggiore dei mali.
Detto ciò sarebbe comunque ingeneroso, oltre che lontano dal vero, rubricare questo secondo capitolo della saga di John Wick come un banale “sparatutto”, tutto sommato ben fatto.
Perché c’è una cinefilia elegante e per nulla ostentata (citazione di Matrix con tanto di Lawrence Fishburne compresa) alla base che allontana John Wick – Capitolo 2 dal coefficiente di tamarraggine vagamente destrorsa che di solito grava sulla stragrande maggioranza dei cosiddetti revenge movie.
Per dire che siamo anni luce dalle operine con cui Liam Neeson si rovina la carriera tra uno Scorsese e l’altro.
Anche l’invenzione più gustosa e noir del primo film  una società segreta popolata da addestratissimi sicari e regolamentata da un rigido codice morale – viene infatti qui approfondita e ampliata, come nel momento in cui si apprende che lo stilosissimo Hotel Continental ha una rete di filiali sparse per il mondo di cui una proprio a Roma.
È proprio in questo albergo  ancor più che nel lungo combattimento catacombale tra Reeves e il rapper Common  che si svolgono alcune delle scene più interessanti del film.
Così come diverte l’idea di una rete di comunicazione adorabilmente vintage (con tanto di centraliniste e posta pneumatica che spara bussolotti) che invia messaggi ai sicari di tutto il globo con l’identità della vittima di turno.
Molto del merito della riuscita del film va ascritto senza alcun dubbio allo stesso Keanu Reeves, abile nel regalare sprazzi di umanità dolente a un lupo solitario così granitico che, in mano ad altri attori, avrebbe facilmente rischiato di sfiorare il ridicolo involontario.
Il resto ce lo mette Stahelski con una regia muscolare e, al tempo stesso, raffinata che non si/ci concede neanche un attimo di tregua.

Fabio Giusti

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